Quando ho creato questo spazio l’ho fatto con la convinzione di dare libero sfogo ai miei pensieri, quelli che vanno oltre al blog. Ora più che mai sono felice di averlo fatto, perché mi rendo conto che non ho un posto dove effettivamente rilasciare quell’energia emotiva che tante volte trattengo. L’ho fatto per me stessa, per continuare a trovare la gioia di scrivere e pubblicare online, sperando di essere capita e di far conoscere il mio lato umano, sensibile e insicuro.
Quando per oltre 15 anni crei contenuti per gli altri, sperando di aiutarli a migliorare il loro spazio virtuale - tanto caro a noi blogger -, arrivi ad un certo punto che sei scarica e non hai alcuna motivazione per continuare a pubblicare.
No, non voglio chiudere il mio blog, per carità. Lo adoro troppo per pensare di farlo sparire. Ora ti spiego cosa succede.
Ho provato a pubblicare sui social contenuti a tema blogging ma… mi sembra di sfornare quei consigli che alla fine non interessano a nessuno.
Non sui social almeno.
Che poi il blog esiste proprio per condividere tutto ciò che so sul blogging, quindi che senso ha riproporre gli stessi contenuti anche in un Reel o in un Carosello?
Ho provato anche ad ispirare chi mi segue - e a rispondere anche a qualche curiosità - con contenuti sul bullet journal, ma alla fine neanche questo mi soddisfa pienamente. Diciamoci la verità: il bullet journal mi aiuta a prendere qualche like, niente di più.
Ho creato il mio account su Instagram il giorno di Natale del 2013 dopo averci pensato tanto. Fino ad allora ero rimasta sempre un po’ nascosta, nell’anonimato, perché una volta online si faceva così: avevi un nickname e un avatar. Il resto non importava a nessuno.
Instagram per me è stata una finestra aperta sul mio mondo.
All’inizio.
Con gli anni le cose sono cambiate. La comunicazione è cambiata. Sempre più veloce. Sempre più accattivante. Una comunicazione che non è adatta a me.
Io sono un’amante dello storytelling, di quello puro, non di quello usato per la “televendita” (e perdonatemi la schiettezza).
Mi piace guardare dalla finestra degli altri, con il gomito sul davanzale e la mano che sorregge il mento, mentre il creator ha una storia da raccontare e guardare il suo mondo. Con i suoi occhi.
Per me è questo lo storytelling. Ed è questo che mi sono sempre ripromessa di fare sui social, perché - a parte il blog, e al limite YouTube - negli altri luoghi voglio aprire la mia finestra.
So che non sono nessuno, e che la mia quotidianità può non interessare, incuriosire o entusiasmare: sono una persona ordinaria. Ma non m’importa.
Su Instagram ho già accennato che se fossi tornata a pubblicare il mio profilo avrebbe preso un’altra piega. Beh, la piega è esattamente quella che hai potuto dedurre leggendo questa lettera a cuore aperto.
Ripartirò da me, da ciò che mi piacerebbe condividere.
No pressioni.
No aspettative.
Solo quello che mi va.
E ora la decisione difficile.
Ho intenzione di cambiare il nome del mio account, ma sto cercando di capire come fare senza incasinare il tutto.
Perché questa decisione? Di base c’è quanto detto fin’ora, ovvero il desiderio di:
staccarmi da quella aspettativa che mi vedrebbe solo produrre contenuti sul blogging, quasi come fossi una estensione del mio blog… beh, non lo sono;
fare davvero storytelling aprendo ‘sta benedetta finestra.
Ho cercato di capire come il “nuovo” Instagram potesse meglio adattarsi alle mie esigenze (e sottolineo che è lui che si deve adattare in quanto strumento, non devo adattarmi io) e ho capito che:
di blogging ne parlerò solo nelle stories, di tanto in tanto (sempre senza pressione);
nel feed solo quotidianità, work in progress/behind the scenes.
Una sorta di diario in cui conservo la mia esperienza di blogger.
E la professionista?
Ti dirò… Non ho mai davvero ottenuto contatti di lavoro tramite Instagram; i clienti sono sempre arrivati dal passaparola. Quelle pochissime richieste di info sono pervenute solo attraverso i dm in risposta alle stories.
Per me funzionano di più le stories, mentre i caroselli e i reels… sono solo uno spreco di tempo ed energia, perché non ricevo una “adeguata” soddisfazione dopo aver dedicato anche 3 ore per creare un contenuto.
‘Eh no, così non va’, mi sono detta. Ho praticamente ucciso la mia creatività correndo dietro a strategie, ganci, musica in trend, piroette e salti in alto. Ma per il tipo di argomento e di nicchia i miei contenuti non decollano.
Non m’importa di perdere followers. Non m’importa del giudizio della gente, se pensano che io sia volubile. La mia insicurezza non l’ho mai nascosta, così come il mio malessere nello stare sui social in un certo modo. Sono sempre stata trasparente e continuerò ad esserlo, nel bene e nel male.
Ogni volta mi viene detto che vengo apprezzata per la mia spontaneità, per la mia simpatia, perché sono vera e professionale. Sono davvero molto grata a chi mi apprezza perché riesce a vedere me, Simona.
E ora è giunto il momento che anche io inizi a vedere me stessa.
Per questo ho scelto di cambiare il nome di instagram in “itsimonas”, ovvero '“è Simona S”, per chi ha difficoltà con l’inglese. Che poi lo so che qualcuno si chiederà il perché del nome in inglese. Beh, come ho sempre detto, in inglese fa più figo, e in questo caso rende meglio l’idea di un profilo totalmente libero da aspettative.
Avrò ripensamenti? Non credo, ma in caso te lo farò sapere 😏
Come ti capisco 🤗 per il nome, se vuoi un feed nuovo, puoi creare l account nuovo col nome @itsimona, e su quello vecchio metti il tag a questo nuovo con l scritta "ora mi trovi qui👉@itsimona" o qualcosa di simile
Cara Simo...tu non nome pronunciabile normalmente nella vita online mai, è! 😆 Comprendo benissimo le motivazioni e la necessità di sentirsi più libera di affacciarsi a quella finestra. Ti auguro di cuore di godere di un bel panorama da oggi in avanti, te lo meriti come blogger, professionista ma soprattutto come persona😘